LINFA - Germoglio #7/25
La linfa scorre dove trova spazio, dove la luce chiama, dove c’è vita da sostenere. Insieme a Sasha parliamo di potatura, di tagli necessari e di fioriture inaspettate—nelle piante e dentro di noi.
Nell’aria c’è profumo di primavera, che si fa strada silenzioso, quasi impercettibile, mentre i nostri piedi restano ben piantati nel freddo dell’inverno. La mattina, l’auto è ricoperta di ghiaccio e devo sgelare il parabrezza, ma poi, piano piano, la luce comincia a entrare dalla finestra della cucina. In giardino, sono già spuntate le foglie dei narcisi. È quel momento sospeso in cui tutto sembra immobile, ma sotto la superficie la linfa comincia a muoversi. È un invito a risvegliarsi, a lasciar scorrere l’energia.
Oggi sono felicissima di ospitare Sasha Carnevali, una donna che stimo profondamente. Sasha è una fonte d’ispirazione per me in tante maniere: per il modo in cui racconta il suo mondo, per il suo stile di scrittura che trovo unico, e per come riesce a trasmettere amore per le piccole cose che fanno la differenza. La sua newsletter 1 ricetta e 1 cosa bella è una delle più interessanti che leggo su Substack, ed è sempre una gioia riceverla: dentro c’è cura, bellezza, ironia e quella semplicità che arriva dritta al cuore.
Se ancora non conosci Sasha, ti dico due cose su di lei. Ex giornalista e critica gastronomica e cinematografica, ha scritto per testate prestigiose, poi ha iniziato a sfornare torte perfette con il suo blog Cakemania.it, diventando un punto di riferimento per milioni di italiani. Successivamente, ha lanciato SashaCarnevali.it, un angolo che mescola ricette 100% vegetali, tutorial per piante e orto, consigli per vivere più green e Top 5 del mese, la sua rubrica amatissima. La trovi anche su Ig.
Per me Sasha è una voce autentica che, attraverso le sue parole e il suo esempio, ci invita a rallentare, a prenderci cura del pianeta e di noi stessi. È un onore poter condividere con voi la sua linfa oggi.
Deadheading – o come imparare a potare le piante ha migliorato la mia qualità di vita
di Sasha Carnevali
“Lo so che non ti garba, ma la pianta ringrazia”, mi dice sempre Tommaso.
Tommaso è il nostro giovane e capace giardiniere, che conosce bene il podere che abbiamo comprato in Toscana perché suo nonno Antonio è nato in quella che ora è la nostra casa.
Il Signor Antonio ha costruito la cisterna dell’acqua piovana che ci salva il giardino d’estate, ha curato gli olivi e l’orto per decenni e – buon per noi! - ha insegnato a Tommaso tutto il mestiere pratico che la teoria del suo diploma in agraria non poteva coprire.
Io sono arrivata lì tutta more is more: pronta ad aggiungere alberi da frutto dappertutto, a fare un orto diffuso, a piantare fiori sul lato nord dove non batte mai il sole. Determinata a mettere e basta, senza togliere e senza tagliare.
Ma ho imparato presto che se Tommaso risponde con un “Mmm-hmm” strozzato in gola quando gli illustro un nuovo piano che lui sa già non potrà funzionare… mi conviene chiedergli cosa pensa.
Perché con grande pazienza e molti esempi mi spiegherà cosa possiamo fare per riempire una siepe che si è svuotata sotto, come ringiovanire un vecchissimo fico che ha gli anni contati, come tirare fuori il meglio da un’ortensia che fa pochi fiori piccoli.
E invariabilmente, si tratta di potare, anche se non mi garba.
Vien fuori che per ottenere more, bisogna passare da less.
Ciao, mi chiamo Sasha e la mia gioia sono le mie piante in casa, in terrazzo, nell’orto, nel frutteto e in giardino. Sono qui per parlarti di potatura: principi generali validi per tutte le piante e per tutte le persone.
Sì, anche per le persone: perché è con le cesoie in mano che ho capito che la potatura è una metafora sulla relazione che abbiamo con la nostra stessa persona, con gli altri, con le cose, con il lavoro, con gli hobby, con tutto.
Se in più pensi di avere il pollice nero: credimi, non emani una vibe venefica che toglie la vita anche alle piante di plastica. Devi solo allenarlo, quel pollice. L’orticoltura è cultura: la puoi amare con tutta la tua anima, ma non è infusa da uno spirito santo, non è intuitiva e non è un talento naturale; è fatta di prove, fallimenti, successi, nozioni scientifiche e terra sotto le unghie.
Non può prescindere da come funzionano le piante.
Ovvero…
1. Batteri, orsi, felci, esseri umani, meduse, funghi, pomodori, blatte, dalie: la ragione di vita di ogni cosa vivente è assicurare la sopravvivenza della sua specie. Nota che ho parlato di vita tre volte in questa frase.
2. Nel caso delle piante, la sopravvivenza è assicurata attraverso la produzione di semi.
3. Il ciclo di vita di una pianta può essere annuale (va a seme una volta e poi muore); biennale (cresce il primo anno, va a seme il secondo e poi muore); perenne (va a seme ogni anno e può vivere anche migliaia di anni: l’albero più vecchio del mondo è un cipresso cileno che ne ha circa 5000).
4. Per arrivare a produrre i semi, la pianta viene sostenuta dai nutrienti portati dalla sua linfa. A differenza del nostro sistema linfatico che è circolare, la linfa delle piante scorre solo dal basso verso l’alto, spingendole a crescere per trovare la luce necessaria ad eseguire la fotosintesi clorofilliana e a fare i fiori che porteranno i semi (attenzione: cercano la luce anche le piante che amano l’ombra; e i fiori hanno sempre bisogno di luce, anzi, per la maggior parte di esposizione diretta al sole).
5. La pianta ha uno o più “tira-linfa”: sono corsie preferenziali di scorrimento per portare energia verso rami più giovani. I rami nascono sempre cercando la luce: verso l’alto e verso l’esterno, ma anche verso l’interno, se non c’è ancora una chioma sopra a fargli ombra.
6. Più le parti nuove vanno in alto, più la pianta fa fatica a mandargli la linfa: perché il percorso è lungo e perché la spinta è sempre più debole a causa dell’invecchiamento della pianta nelle parti basse.
Con queste premesse è più facile capire perché potare.
Il principio di base della potatura è quello di garantire vita nuova alla pianta: è una cura, una vera terapia, il cui minimo sindacale è togliere le “tre D”.
Mi riferisco al mantra dei giardinieri inglesi “dead, diseased and damaged”: ogni ramo morto, malato o danneggiato non solo ruba linfa a quelli sani, ma lasciato dov’è contagia anche gli altri.
Il “secco” è infatti l’opposto della linfa: un tristo mietitore che viaggia verso il basso, dal ramo piccolo a quello più grande fino al tronco e alle radici. Come la linfa ha lo scopo di tenere la pianta in vita, lo scopo del secco è quello di ucciderla; a seconda della dimensione della pianta può metterci anni, ma ci arriva.
Se stai pensando al mantra dei life coach “taglia i rami secchi”, è proprio lì che volevo arrivare: vestiti che non ti donano; attività che non ti danno niente e ti portano via tempo; amicizie che in realtà sono solo conoscenze; abbonamenti che costano soldi ma che non ti interessano più; ninnoli che raccattano polvere e che esponi per educazione.
Non hai bisogno che io elabori oltre questo concetto. Basta che tu rilegga quello che ho scritto prima pensandoti pianta, e sostituendo alla linfa tutto quello che ti porta energia, gioia, curiosità e libertà.
Però aggiungo due cose:
1. Nel tagliare un ramo secco, bisogna cercare di fare un “taglio di ritorno”: vuol dire eliminare una struttura che non funziona perché assorbe troppa energia rispetto alla quantità di frutti che produce, con il fine di modificare la direzione in cui va la linfa, e quindi lo sviluppo della pianta. Si torna quindi indietro, lungo il ramo principale, per rimediare a una direzione che non è più quella giusta. Il taglio di ritorno si fa subito sopra dove c’è già una gemma o altro ramo più piccolo che per la sua posizione promette di andare verso la luce.
2. Quando si pota una pianta che ha vissuto degli anni, è importante lasciare del “legno di rispetto” dove si esegue il taglio: perché il taglio è una ferita (sì, in botanica si chiama proprio “ferita”) che non può rimanere aperta, altrimenti si infetta con batteri e funghi e fa ammalare tutta la pianta. La ferita deve rimarginarsi con un “callo di cicatrizzazione”: hai mai notato quelle specie di ciambelle molto gonfie che appaiono dove è stato tagliato un ramo? Quello è il “colletto di corteccia” che si riversa sopra la ferita e la va a ricoprire con un abbraccio, per proteggere il tronco e quindi la linfa che gli scorre dentro. Non bisogna tagliare a filo del tronco: il legno di rispetto misura pochi centimetri, è una buffer zone in cui si vanno a chiudere le cose che non andavano nel ramo che è stato tagliato, in modo che queste non interferiscano più con il resto della pianta a cui è stata data la possibilità di ringiovanirsi attraverso la potatura.
Di nuovo, puoi trovare in questi principi botanici una universalità applicabile ad ogni sfera della tua vita: non sarebbe saggio reciderne una parte senza troppi complimenti, senza prendere delle precauzioni per la tua stessa salute fisica e mentale.
Insomma, anche per uscire dalla chat del condominio in maniera costruttiva, senza contenziosi ammorbanti, ci vuole uno spazio in cui esercitare del rispetto.
Ti lascio con un’ultima considerazione: se rimuovi i fiori appassiti da una dalia, questa si accorgerà che le hai tolto la possibilità di andare a seme, e ne rifarà subito molti altri.
Gli inglesi, che sono i giardinieri migliori del mondo, hanno un termine molto icastico per questa pratica: deadheading - tagliare via le teste morte per fare posto a quelle vive.
C’è una poesia silenziosa nel togliere per far spazio. E trovo un’eleganza potente nel modo in cui Sasha trasforma concetti botanici in lezioni di vita: non posso che ringraziarla from the bottom of my heart.
Ci ha spiegato la potatura con la scienza, ma ce l’ha fatta sentire con il cuore. Ci ha ricordato che togliere non è perdere, ma fare spazio. Che per rifiorire serve tagliare, ma con criterio, con rispetto, con la consapevolezza di ciò che merita ancora linfa e cosa invece è solo peso morto.
Ci ha regalato la fiducia che anche noi, come una dalia, possiamo rifiorire, ancora e ancora.
Ogni volta che elimineremo il secco – nelle piante o nella vita – sapremo che non è una perdita, ma un atto di cura: per lasciare entrare più luce e nutrire solo ciò che davvero merita di crescere. 🌿
Grazie per aver letto Germogli!
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Grazie per le tue parole, Cristina. Ho una faccia che sembro il Joker e me la porto appresso tutto il giorno 😁
Bellissimi insegnamenti , grazie Cristina e Sasha per queste lezioni di vita ( e di botanica) . Adesso mi avete fatto venire voglia di piantare delle dalie m temo che la Costa Azzurra non sia il loro habitat, mannaggia Tommaso direbbe mmmmh!